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Le imprese italiane pagano circa 15,5 miliardi di euro in più di elettricità rispetto alle concorrenti europee: un divario che penalizza fortemente le Pmi nostrane alle prese, come sempre, con un’imposizione fiscale senza pari in Europa.

«Parlare di competitività delle nostre imprese significa innanzitutto analizzare quei fattori negativi, ostacoli ormai insormontabili, che legano gambe e braccia dell’imprenditoria, impedendole di decollare. Uno tra i principali mali che infettano le PMI italiane è l’imposizione fiscale a causa della quale, per esempio, ogni anno devono pagare 3.500 euro in più rispetto alle cugine europee per onorare la bolletta elettrica».

Uno studio sui costi dell’energia elettrica condotto da Confartigianato dimostra come ogni 100 kwh consumati le aziende dell’Eurozona paghino 12,7 euro, contro i 19,5 di quelle italiane, buona parte dei quali dovuti al fisco.

«Bisogna intervenire su questo gap  per consentire alle imprese di produrre e, di conseguenza, rendersi appetibili e concorrenziali sul mercato. A ben guardare il problema energetico altro non è se non l’ennesima declinazione del macroproblema fiscale. Così come Imu, Tares, Iva e ogni altra imposta mal strutturata ed esagerata paralizza la competitività delle aziende, mettendo a rischio la loro stessa sopravvivenza, allo stesso modo un’imposizione fiscale che porta le piccole imprese a pagare l’energia dieci volte di più rispetto alle colleghe più grandi (alle Pmi non vengono riconosciuti gli sgravi concessi a chi supera i 200mila kwh di consumo al mese) è un tentativo scellerato di eliminare le realtà produttive più importanti per l’economia italiana».

Negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare di “fine della crisi” giustificato in parte dal registrarsi di timidi segnali positivi imputabili ad un possibile recupero economico. Rispetto a giugno, per esempio, luglio è stato caratterizzato da una crescita del consumo energetico dell’1,5%: un dato che, se slegato dagli indici del 2012 – rispetto ai quali si registra un calo del 3,6% –, permette certamente un cauto ottimismo.

«Se la volontà è quella di permettere alle imprese di sfruttare questi piccoli segnali positivi, intercettando la ripresa è allora necessario intervenire con decisione sui fattori che penalizzano le Pmi come, per l’appunto, il divario sulla tassazione energetica rispetto all’Eurozona. In questo modo, oltre a dare slancio alla produzione italiana, s’interviene anche su un altro fenomeno importante, la delocalizzazione delle imprese».