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Siamo alle solite. Per colpire un piccola frangia di evasori, quelli che lucrano sui versamenti IVA, il Governo ha colpito tutto il mondo delle imprese e dei professionisti, introducendo due strumenti che, di fatto, tagliano drasticamente la liquidità aziendale: lo split payment ed il reverse charge.

Il 5 febbraio sulle pagine del principale quotidiano economico italiano, Il Sole 24 Ore, le sigle di rappresentanza dell’artigianato e del commercio hanno pubblicato un appello per chiedere di utilizzare la fatturazione elettronica come unico strumento per contrastare l’evasione dei rimborsi IVA. In più, con la fatturazione elettronica tra privati, anche il reverse charge non avrebbe ragione di esistere.

Abbiamo provato a capire con Andrea Trevisani, direttore delle politiche fiscali di Confartigianato, come funziona il meccanismo dello “Split payment”.
“Supponiamo che un’impresa esegua una prestazione di servizi a favore della pubblica amministrazione per un importo pari a 100mila euro. A fronte di questa prestazione, la nostra impresa avrebbe incassato 22mila euro di IVA. Supponiamo che la stessa impresa avesse acquistato 50mila euro di beni e servizi, a fronte dei quali avrebbe pagato un’IVA pari a 11mila euro. La nostra impresa avrebbe versato all’Erario la differenza di 11mila euro – ha spiegato Trevisani – Oggi, con lo split payment, la situazione cambia. Lo Stato, infatti, non verserà alla nostra impresa i 22mila euro di IVA, che si ritroverà con un credito d’imposta pari a 11mila euro. Questa somma potrà essere richiesta a rimborso o potrà essere compensata con altri debiti tributari o contribuitivi. Supponiamo, però, che la nostra impresa non abbia dipendenti o altri debiti di carattere tributario. A questo punto dobbiamo escludere la possibilità della compensazione e non rimane che la via del rimborso. Una strada lunga anche 6 mesi, sono questi, infatti, i tempi con cui l’Agenzia delle entrate liquida i rimborsi IVA. Questo, sostanzialmente, determina una illiquidità per il sistema delle imprese pari esattamente all’IVA sulle vendite che non incassa, rimanendo esposta totalmente ed incisa per un periodo di 6 mesi sull’IVA sugli acquisti”.

In altre parole, gli enti pubblici devono dividere il pagamento dell’IVA, versando l’imposta direttamente all’Erario e l’importo al netto dell’IVA al fornitore. Per il reverse charge il meccanismo è simile. Queste due norme, fra l’altro, non hanno ancora ricevuto il via libera dall’Europa. Il rischio, a questo punto, è quello di introdurre l’ennesima norma d’urgenza e di dover fare un passo indietro quando si sarà espressa l’Europa, tra un mese, un mese e mezzo.

La soluzione a questo problema, e qui la situazione si fa paradossale, è la fatturazione elettronica, che permette una reale ed efficace lotta agli evasori. 

Potevano essere fatte scelte diverse per contrastare la frode in ambito IVA nei rapporti con la pubblica amministrazione? Molto probabilmente si – ha aggiunto Andrea Trevisani – E’ entrata in vigore la fatturazione elettronica nei rapporti con la pa. Vi erano tutti gli elementi per seguire le imprese per capire se stanno versando i tributi dovuti. Purtroppo, ancora una volta, è stata fatta la scelta di sparare ancora una volta nel mucchio e di mettere in difficoltà l’intero sistema delle imprese, invece di andare ad inseguire i disonesti”.

La battaglia di Confartigianato e di Rete Imprese Italia continua, l’obiettivo, infatti, è quello di convincere il governo a tornare sui propri passi.